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LE COLLEZIONI

Preceduta da una vetrina che racconta la geologia del Monte Fenera, la sezione preistorica si sofferma inizialmente sulle caratteristiche dell’uomo di Neanderthal di cui sono stati rinvenuti dei reperti fossili rinventi all’intenro delle grotte. In questa parte del percorso espositivo è esposto il cespuglio evolutivo che ha portato allo sviluppo dell’Homo sapiens.

Gli strumenti litici esposti, provenienti da raccolte di superficie e scavi archeologici presso le grotte Ciota Ciara, Ciutarun e Riparo Belvedere, sono realizzati su diversi tipi di rocce: quarzo di vena, diaspro e spongolite (un tipo di selce) – provenienti dall’area del Monte Fenera – e radiolarite, quest’ultima reperibile a circa 30 km di distanza.
Sono riconoscibili raschiatoi e denticolati, oltre a schegge non ritoccate ascrivibili al Paleolitico medio, ottenute con il metodo Levallois. La successiva fase di Paleolitico superiore è invece attestata da alcune lamelle.
Nel loro complesso i reperti riferibili alla fauna pleistocenica mostrano al visitatore come siano cambiati l’ambiente e la popolazione animale dell’area negli ultimi 300.000 anni.

Tra le numerose testimonianze conservate in museo sono presenti resti fossilizzati di: leoni delle caverne, linci, uri, rinoceronti e orsi delle caverne, di cui si conserva uno scheletro ricomposto.

L’immediato precursore dell’orso delle caverne (Ursus spelaeus) fu probabilmente Ursus deningeri, una specie limitata all’Europa del Pleistocene, vissuta da 1.8 Mya a 100.000 anni fa circa. La transizione tra l’orso di Deninger e l’orso delle caverne sembra sia stata l’ultimo interglaciale, sebbene il confine tra queste forme sia arbitrario e siano stati proposti taxa intermedi o transitori. 

Le dimensioni dell’orso speleo erano imponenti: i maschi potevano raggiungere i 3 metri di altezza in posizione eretta e aveva un peso fino 1000 chilogrammi, mentre le femmine erano grandi circa la metà: le dimensioni medie erano pertanto superiori a quelle degli orsi grizzly più massicci.

La dentatura dell’Ursus spelaeus sembrerebbe indicare una dieta tendente a un regime erbivoro ed in particolare frugivoro. Durante la loro lunga vita evolutiva, infatti, gli orsi delle caverne mostrano la tendenza a ridurre notevolmente le dimensioni dei denti ferini e a sviluppare dei molari sempre più adatti alla masticazione.
Oltre alle grotte del Monte Fenera, un numero eccezionale di resti di questo animale è stato rinvenuto in molte grotte dell’Europa centrale: in Italia, le Grotte di Toirano in Liguria, il Buco del piombo e la Grotta dell’Orso in Lombardia, la Grotta dell’Orso in Friuli Venezia Giulia, le Grotte del Monte Cucco in Umbria e le Grotte di Stiffe in Abruzzo.

Probabilmente gli orsi utilizzavano le grotte per il letargo e, in alcuni casi, perdevano la vita per cause naturali oppure venivano uccisi sul posto dai cacciatori preistorici.
L’orso delle caverne si estinse circa 24.000 anni fa, durante l’ultima glaciazione del Pleistocene, senza lasciare discendenti. Alcuni studi compiuti su una gran quantità di ossa sembrano suggerire che una delle possibili cause dell’estinzione di questo grande mammifero fosse la sua dieta prevalentemente vegetariana, non compatibile con i climi freddi dei periodi glaciali. In vari siti archeologici (Grotta della Ciota Ciara, della Paina e Grotta di Trene) sono stati ritrovati campioni di ossa che avvalorano questa ipotesi e mostrano strie di macellazione provocate dagli uomini; ciò suggerisce che questi animali potrebbero essere stati spinti definitivamente verso l’estinzione anche dall’azione di predazione degli esseri umani.

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